7 giorni di sole in Scozia
Avete capito bene, non una singola goccia. Sono tornato abbronzato, proprio come quando giocavo a golf
Ho scritto questo articoletto il 22 aprile quando appunto mi trovavo ancora in Scozia. Non è stato pubblicato subito perché non avevo un PC con me. Originariamente è stato poeticamente scritto sul retro della cartina di Oban perché avevo bisogno di limitare l’uso della batteria del telefono dal momento che non ho voluto cedere al ricatto di acquistare un adattatore per le prese inglesi. L’ostello di Edimburgo aveva le USB a muro, non Oban. Non sono solito fare molte foto perché oltre a non avere competenze particolari, non ho nemmeno una buona fotocamera: evito per questo di avere brutte rappresentazioni delle cose che nella memoria rimangono belle come quando vengono vissute in prima persona. Nonostante questo ho comunque aggiunto qualche foto durante la trascrizione di oggi. Buona lettura e grazie di seguire ancora questo progetto <3 <3 ci si sente su internet, in real life o magari al prossimo episodio di Undernet.
Sono in Scozia da 4 giorni e oggi sono arrivato ad Oban, un piccolo paese sulla costa ovest che non so bene quanti abitanti ospiti ma che probabilmente conta un numero più alto di barili di whisky. I giorni precedenti li ho passati in Edimburgo e questa mattina, dalla capitale, sono salito sul bus per Glasgow, dove ho preso un treno che in qualche ora mi ha portato qua. Il viaggio è stato piacevole. Sul treno c’erano solo anziani e se già sospettavo che Oban non fosse Ibiza, questo indizio me l’ha confermato. Non sono per niente deluso da ciò perché fino ad oggi le serate sono state piuttosto movimentate e venire fin qui senza nemmeno assaggiare le highlands sarebbe stato un vero peccato: ho fatto quindi il possibile per salire in un posto che potesse darmi quell’idea. Dal treno ho notato che la vegetazione, nelle zone riparate dal vento, non è poi così tanto diversa dalla nostra: la cosa più diversa da ciò a cui sono abituato è l’acqua. È scura, calma e minacciosa allo stesso tempo. Le coste sono poco invitanti anche quando non sono rocciose. Senza Maps sarebbe impossibile distinguere un lago da un fiume o persino dall’oceano. Non sono particolarmente amante del mare ma riconosco che stare vicino all’acqua possa mettere tranquillità, un po' come sedersi al tavolo in fondo del ristorante.
Ad ogni modo, appena sono arrivato qui ho lasciato le mie cose in ostello e sono uscito per fare un primo di giro perlustrativo: i punti di interesse non sono molti, infatti domani passerò tutto il giorno a camminare per le colline qua intorno. Questo pomeriggio ho optato per McCraig, un punto panoramico da cui si gode di un tramonto mozzafiato sulla baia, come mi è stato promesso da una ragazza in ostello. Sulla strada mi sono fermato per mangiare il “best fish and chips in town”, questa volta consigliato da un vecchio sul lungo mare che mi sembrava avesse mangiato molto in vita sua. Ho preso il menù completo, il quale comprendeva un purè di piselli oltre all’haddock fritto (è praticamente un merluzzo ma lo chiamo in inglese perché regà sul serio ho cercato in italiano si chiama eglefino, chi cazz conosce l’eglefino) e le patatine, il tutto accompagnato da pane imburrato e una salsa tartara (o almeno mi sembrava tale): una teiera e del latte freddo per innaffiare.
Vi assicuro che, proprio cosciente della cattiva fama di cui gode il Regno Unito, ho cercato di approcciarmi alla loro cucina senza pregiudizi. Nonostante questo sembra che qui non freghi a nessuno di provare qualcosa oltre la sazietà. Ho mangiato tante pietanze tipiche in questi giorni, ma poche avevano carattere. Mi piace la loro idea di colazione, mi piace l’idea delle zuppe e ammetto che mi piace anche che il fast food sia così culturalmente diffuso. Peccato manchino i sapori veramente ovunque: il sale, banalmente, è quasi sempre trascurato. Senza la tartara questo pesce sarebbe stato completamente piatto pur essendo una fottuta frittura. I fagioli della colazione sono praticamente dolci, così come le due zuppe che ho assaggiato. Si salvano haggis e black pudding perché nemmeno volendo puoi rendere insulso il sangue e le frattaglie. Cucina a parte, gli scozzesi sono waaay nicer than I expected. Ho notato che camminano tutti molto più veloce di me (e chi mi conosce sa che non scherzo), non patiscono il freddo (ma tipo maniche corte e pancia scoperta con 4 gradi e vento gelido) e per mia fortuna sono molto attenti alla guida perché giuro non ho mai guardato una volta dalla parte giusta prima di attraversare la strada. Ultimo particolare non trascurabile riguarda le ragazze, le quali sono particolarmente brutte. Fossi una ragazza italiana verrei a farmi un giro quassù perché i bei ragazzi non mancano e sono costretti ad accontentarsi di poco.
Passando oltre a questa parentesi tanto misogina quanto fattuale, concludiamo con ciò che oggi mi ha fatto raggiungere il livello di sensibilità necessario per scrivere, ovvero un sanissimo pianto. Premetto che non sarà la trita e banale riflessione da social network del mostrarsi deboli perché è tutta una corazza, perché io ho un cuore e non ho paura di dirvi che sono triste e che ho bisogno di qualcuno che mi ama e che datemi il ciuccio e blablabla sticazzi cringhe. Tutti piangono, tutti ne han bisogno, non devi per forza fare una storia per fare sapere alla tua crush che se non ti risponde al DM tu potresti buttarti dal terzo piano: se proprio devi fai almeno il quinto che poi magari manco t’ammazzi e ti dobbiamo pure portare in ospedale. Il pianto di cui vorrei parlarvi è invece una strana reazione alla bellezza, una forma di eccitazione che mi fa vibrare tutti gli organi finché non si libera in qualche lacrima che mi mette in pace con ciò che sto vivendo. Solitamente questo orgasmo estetico è accompagnato da un ghigno che confonde il pianto in un largo sorriso. Oggi è successo quassù, ma può capitare in situazioni molto diverse. È chiaro che il bello e l’emozionarsi siano strettamente correlati, ma mi piace pensare che sia semplicemente la bellezza a farmi piangere. Che poi “piangere” è la parola giusta in questo caso? L’unica cosa di cui sono certo è che mi fa stare benissimo e che, col tempo, questa cosa sta diventando sempre più frequente. Già mi vedo, tra 50 anni, in lacrime disperate ad ammirare le torri della centrale idroelettrica di Chivasso.
Una foto degli oggetti che mi sono portato dietro in questi giorni perché mi va.