Caro Alain,
sarà forse che bevo troppo, ma nonostante abbia la certezza di averli incontrati nei miei studi classici, di questi lanzichenecchi mi ero già dimenticato. E ti dirò di più: anch’io ho letto Proust (in italiano) e pure di lui mi sono dimenticato. Questo perché lascio che la cultura mi cambi senza conservarla gelosamente per flexare in giro la mia erudizione, al contrario tuo che citi i vari “Financial Times, New York Times e Robinson, il supplemento culturale di Repubblica” in maniera del tutto superflua ai fini del racconto, i quali anzi ti dovrebbero chiedere un risarcimento per il danno all’immagine che hai procurato a queste testate. Per tua fortuna suppongo che oltreoceano non sia arrivata nemmeno la voce e che il giornale nostrano non intenterà una causa essendo, bene o male, di tua proprietà.
Ti devo confessare che prima che mi girassero una foto del tuo articolo, fin da subito trattato da tutti come un meme qual è, non sapevo nemmeno con precisione chi fossi tu. Ed è vero che io sarò pur ignorante, ma se vuoi continuare a fare i soldi con le tue grosse imprese ti suggerisco di iniziare a fare i conti con una società che in media è anche più ignorante di me. Vorrei infine darti uno spunto di riflessione per il tuo viaggio di ritorno: se oggi i ragazzi parlano di figa, calcio e non sanno chi sia l’alieno in abito di lino blu, forse dovresti considerare la possibilità di essere stato surclassato da un’industria culturale che ha avuto molto più impatto della tua. E quindi, caro Alain, fossi in te penserei a come ricucirmi le ferite per evitare di soffocare nel tuo stesso sangue, esattamente come è capitato a chi ha affrontato i lanzichenecchi, perché, come tu stesso hai potuto constatare su quel treno, non esiste torre d’avorio che ti salvi dalle sferzate della tua stessa vanità.
Per chi non sapesse a cosa facessi riferimento, qui sotto lascio l’articolo firmato da Elkann uscito su Repubblica qualche giorno fa.