Quando lo stato ti cerca la ragazza | UDaily
Sicuramente triste, comunque altrettanto fantasioso
Nel documento Word dove maturano tutti gli appunti che prendono poi vita sul blog, da qualche giorno ho un ritaglio di giornale che parla del “Tinder” di stato organizzato dalla Corea del Sud per contrastare la natalità in vertiginoso calo: 802 scapoli e 386 zitelle di Seongnam, cittadina nei pressi di della capitale Seul, si sono incontrati in un hotel addobbato per l’occasione (Yorgos Lanthimos hai sentito bene): secondo l’articolo, circa 30 partecipanti su 100 sono usciti con l’intenzione di frequentare qualcuno.
Questa storia, più angosciante che divertente, sorta da un problema comune a moltissimi paesi del primo mondo, mi ha spinto a portare sul tavolo di oggi alcune riflessioni. La prima, preoccupata, riguarda la carenza di opportunità per conoscere nuovi potenziali partner quando si esce da contesti fortunati quali possono essere quelli scolastici/universitari o alcuni contesti lavorativi. Le app di incontri non funzionano, specialmente in Italia, e nei bar le persone sono sempre più spaventate all’idea di parlare con sconosciuti. Conosco in prima persona molti giovani, molto più facilmente ragazzi, che soffrono della mancanza di un partner e che sono sull’orlo della rassegnazione all’idea di rimanere soli fino a quando non avranno soldi per comprare amore.
La seconda riflessione, invece, è fiduciosa: altrettanti single vivono felicemente la loro condizione, godendo di partner occasionali senza costringersi agli stretti vincoli di una relazione di coppia. È vero che la nostra cultura ha bisogno di famiglie italiane per tramandarsi (e tremo all’idea di un’italianità scarsa e debole), ma è altrettanto vero che le natalità nel mondo non manca e se riuscissimo nell’arduo compito di integrare immigrati non ci sarebbero troppi problemi dal punto di vista economico. Puntiamo sui single della prima casistica, quelli non contenti della loro condizione, che una famiglia la vorrebbero. Biasimare o penalizzare chi sceglie di stare solo sarebbe dispotico e anacronistico. Lo stesso Vittorio Feltri, a ottant’anni suonati, elogia nell’editoriale di ferragosto la legittima scelta di stare soli in barba alle aspettative sociali (e in barba al comando cristiano dell’andate e moltiplicatevi, aggiungo io), facendo intuire quanto il rispetto di questa scelta sia molto più intergenerazionalmente condiviso di quanto s’immagini.