Quanto mi manca quel macellaio in corso Svizzera... | UDaily
Il primato di Torino nella salvaguardia dei mercati alimentari
Per un amante dei mercati alimentari come me, trasferirsi da Torino a Milano è stato un lutto. Seppur mi renda conto che l’acquistare al mercato sia un’abitudine che non tutti si possono permettere (la maggior parte della gente lavora negli orari di mercato), penso che la tendenza all’abbandono di questi luoghi sia indice allarmante di un degrado antropologico di cui Milano è fiera capofila.
Nel capoluogo piemontese, non solo i mercati presidiano ogni angolo di quartiere, tanto che io stesso da Piazza Bernini avevo accesso a Corso Svizzera, Corso Racconigi e Piazza Benefica in meno di 10 minuti a piedi, ma li presidiano anche per sei giorni su sette. Non è un caso che Torino stia puntando sul valorizzare questa cultura attraverso diverse iniziative. Anche a Milano, da Piazzale Loreto, ho accesso a tre mercati a circa quindici minuti, ma in questo caso ci sono problemi di altro tipo: fanno mercato un solo giorno a settimana e, nel 95% dei casi, hanno prodotti peggiori del supermercato a prezzi equiparabili. Le bancarelle di contadini e allevatori che espongono il prodotto della loro terra sono rare come l’acqua nel deserto e, nemmeno a dirlo, hanno la totale libertà di farsi pagare come i chioschi ai festival.
Come spesso accade, cause e conseguenze di questa differenza sono un cerchio, e non una linea retta: poco tempo per cucinare, ignoranza rispetto alla materia prima e al modo di organizzare i pasti, abuso di fast food e delivery, scarsa domanda verso i prodotti da mercato, bancarelle sempre meno presenti e sempre più care, numero crescente di ristoranti per chi se li può permettere e pasti sempre più raffazzonati per chi non può mangiare fuori spesso. Ci sono poche cose che mi mettono tristezza come vedere così tante famiglie che si affidano a sofficini, piadine e pizza. Eppure la cosa sta diventando sempre più normale. E io sempre più malnutrito.