Filippo si definisce un sollazzatore. Sono anni, forse più di dieci, che Filippo va a dormire dopo le 7 di mattina e si sveglia intorno alle 17. Durante quel che resta del giorno, prima di iniziare a bere, Filippo ama scommettere sui cavalli. Ha perso diversi milioni al gioco, ma per Filippo, finché ha soldi per giocare, vincere o perdere non fa differenza. E di soldi Filippo ne ha, ne ha veramente tanti: suo padre ha un patrimonio enorme, accumulato negli anni vendendo automobili e costruendo nella Milano degli anni giusti. Il padre non ha mai saputo come spendere i soldi accumulati: pochi vizi. Ora, anche volendo, non ne avrebbe più la forza. A quasi 80 anni, però, la forza di lavorare ancora la trova. Forse per inerzia o forse perché non saprebbe che altro fare. Filippo invece di anni ne ha 30 in meno e il lavoro non ha mai fatto per lui. A Filippo piace la notte, l’alcool e le donne, ma le donne che incontra a Milano sembrano troppo interessate ai soldi di suo padre, troppo poco a lui. Ma a lui poco importa perché ha molto seguito sui social network e molte persone attorno. Specialmente quando beve, Filippo è vivo, energico come solo l’alcool ti rende. È anche per questo che Filippo stappa bottiglie da quando si sveglia a quando torna nel letto. Beve spesso champagne, ma è un estimatore del buon vino in generale. Seppur millanti di riuscire a bere più di 4 litri al giorno, a Filippo piace condividere: è anche per questo che Filippo ha molte persone che gli gravitano attorno.
Tra questi satelliti c’è un certo Nevio detto “lo Stirato”, soprannome che sta a indicare i diversi milioni di debiti che il buon Nevio si porta appresso. A Nevio piace giocare, ma non ha la stessa disponibilità economica di Filippo: si è giocato i soldi delle banche al posto che quelli di suo padre e la notte dorme benissimo, a differenza di chi quei soldi glieli ha prestati. Non potrà mai più possedere nulla, ma la verità è che quei soldi li ha già persi e mai più li rivedrà. Né lui né i suoi creditori. Ci ride su, d’altronde che altro può fare?
Milano non ti insegna il pentimento. Non esiste senso di colpa, tantomeno scrupolo. Il senso di responsabilità lo si prova solo verso sé stessi; forse verso la famiglia, per chi ne avesse una. Filippo e Nevio sono due personaggi reali dei quali son venuto a conoscenza grazie a un’intervista a La Zanzara. In questi ultimi giorni non ho fatto altro che pensare a loro, famelico di scoprire dettagli ancora più beceri su questi individui. Non mi ha sorpreso più di tanto scoprire che Filippo Romeo (Filippo Champagne sui social) abbia un legame con Wanna Marchi e la figlia, Stefania Nobile, la quale sarebbe considerata “manager” del personaggio mediatico di Filippo. Arriviamo quindi al punto della questione di oggi: le truffatrici più famose d’Italia, con Filippo, hanno compiuto l’ennesima operazione di borderline marketing, questa volta senza metterci la faccia, al fine di pubblicizzare il bar dal suo ex-compagno Davide Lacerenza, attività nella quale apparentemente le due signore ripongono ancora qualche interesse. Insomma, han preso il pollo più grasso di Monza e l’han fatto diventare il loro personale hot dog man da Instagram. Attenzione perché, oltre a fare pubblicità gratuita, il nostro caro Filippo sborsa millate per bere le migliori etichette del locale praticamente ogni sera. Comunque nulla in confronto a quanto perde ai cavalli.
La situazione è abbastanza incredibile, concediamocelo, ma da tutta questa follia rotola fuori una piccola verità: se concordiamo (e in molti concordano) che fare soldi determini il tuo successo, chi oggi sfrutta questo tipo di marketing immorale dopotutto non è biasimabile. Almeno non fintanto che agisce nei limiti delle leggi. Nell’ottica liberale e garantista che bene o male contraddistingue l’occidente, diventa paradossalmente sensato farsi qualche anno di galera per mettere da parte un tesoretto che ti garantirà una vita agiata una volta fuori. Immaginate se Nevio non si fosse giocato i milioni delle banche al Casinò di Monte Carlo e fosse riuscito a portarli in un posto sicuro, lontano dallo sguardo italianamente assopito del fisco. Non sono ferrato su come condurre una tale manovra ma scommetterei le dita con cui sto scrivendo che un modo ci sarebbe. Posso affermare con certezza che Wanna Marchi guadagna dalla fama che si è costruita. È protagonista di una serie Netflix dove racconta la sua stessa truffa in prima persona, cazzo!
Per fortuna non tutti hanno il fegato di fare certe cose, ma capite bene che ne basta una parte per generare ingiustizia. Non è qualcosa di guaribile: succede e basta. I tentativi di mettere qualche paletto sarebbero delle grosse limitazioni delle libertà economiche e morali dell’individuo. È un enorme zona grigia in cui non si trovano solo circensi del calibro della signora Marchi, ma tutte le aziende, multinazionali comprese. Ribadisco, non sto qualunquisticamente dicendo che tutti truffano e basta: sto probabilisticamente pensando che pur qualcuno che si spinga fino al limite più estremo ci sia. Tutto è delegato alla coscienza del singolo e, finché c’era un giudizio divino da temere, la situazione non sarebbe degenerata. Oggi invece puoi scegliere di essere un attore positivo di questa narrazione, ma anche ai grandi antagonisti è garantita gloria terrena. È un gioco delle parti. Come alcuni possono giudicare Filippo che si fa riprendere mentre puccia il croissant nello champagne sfottendo i “poveri!”, altri ci possono vedere un vero e proprio idolo. Giocare a fare i giudici del tribunale morale è pericoloso perché scivolare nel burrone dell’ipocrisia è molto più facile di quanto ci sembri. Dopotutto, anche a noi piace il vino: beviamo solo qualche bicchiere in meno.