Buongiorno amiconi qui è fatina che vi scrive dal suo modesto rifugio milanese in questa morbida mattinata primaverile. Spero che questa email vi trovi ben disposti nei confronti del mondo tanto quanto lo sono io. In seguito all'ultima uscita di Undernet ho ricevuto alcune iscrizioni di lettori di altre generazioni, quasi certamente attirati dai miei genitori che hanno voluto farmi leggere a tutta la loro rubrica, probabilmente commossi dal fatto che in Scozia sia stato abbastanza sobrio da poter usare propriamente una penna per qualche minuto. Ne approfitto dunque per dare il benvenuto ai nuovi lettori, in particolari ai miei nonni ai quali vorrei fare uno shoutout per essere così terribilmente svegli da potersi considerare discreti utenti di internet all'età di 84 anni: giusto per darvi un’idea del livello, mio nonno ha iniziato ad usare Satispay quando la metà della generazione z ancora chiede al ristorante se è possibile avere conti separati.
Non ho un piano preciso sulla direzione che prenderà questa narrazione, come spesso mi capita quando mi approccio alla scrittura di questa newsletter. Tuttavia sembra che l’improvvisazione mi abbia portato alle migliori performance e perciò, seguendo il puro istinto, penso che raccontarvi della mia relazione con i nonni materni possa essere un tema di interesse per chi di voi fosse curioso di ficcanasare nella mia intimità. Il rapporto che ho avuto con nonno Gian e nonna Tita è stato profondo e non esagero quando dico che per quasi tutto ciò che oggi c’è di buono in me devo ringraziare loro, con i quali ho passato moltissimo tempo dei miei primi 17 anni di vita. Per la quantità e la qualità delle esperienze che ho vissuto con loro sarebbero da considerarsi i miei genitori onorari, ma non hanno comunque mai voluto mancare di rispetto ai miei veri genitori, facendo sempre il corretto passo indietro di fronte alle scelte educative più importanti. Mi hanno fatto amare il golf così tanto che se oggi ho deciso di smettere è solo perché mi hanno anche fatto capire che non basterebbero mille vite per godere di tutto ciò che in questo mondo merita la mia curiosità. Ho girato l'Italia con loro, ho imparato a nuotare e a sciare grazie a loro. Mi hanno insegnato il valore della letteratura e dell'arte, senza mai smettere di rimarcare l'importanza di ciò che gli ha permesso di regalarmi un'infanzia così fortunata, ovvero il duro lavoro. Con loro ho avuto la possibilità di imparare a vivere la vita di campagna e quella di città, essendo sempre appropriato in entrambi i contesti; ho imparato ad apprezzare la cucina raffinata e a portare il massimo rispetto per la cucina semplice. Mi ricordo quando da bambino mi svegliavo e andavo nel loro letto dove mio nonno mi raccontava di quando suo padre era stato in Africa per costruire le ferrovie e di come, da gran cacciatore qual era, uccise un leone che girava attorno alla sua capanna o ancora della cattura di un enorme serpente di fiume con il quale tutto il villaggio aveva banchettato per giorni. Mia nonna invece mi ha sempre suggerito spunti di riflessione che mi hanno permesso di diventare discretamente sveglio: ho sempre cercato di allenare il più possibile l’elasticità del mio cervello affinché fosse sempre disposto a cambiare idea, cosa che secondo lei sarebbe il più grande sintomo d'intelligenza.
Come in ogni relazione umana, tra noi non sono mancati i litigi ma, come dice sempre mia mamma che li ha vissuti da genitori, l'età li ha ammorbiditi: mi hanno infatti concesso vizi dei quali la mia natura dissoluta spesso si è approfittata. Con mio nonno c’è sempre stata una forte complicità e mia nonna ha sempre aiutato e rispettato questa alchimia proprio perché, anche a prescindere dal rapporto con me, tra di loro si è sempre percepito un amore puro che li rende una cosa sola, senza che venissero mai violate le identità individuali: mio nonno, uomo umile e saggio, distintamente pacato e onestamente concreto; mia nonna, donna acculturata e frizzante, tanto schietta quanto amorevole. E se anche mi rendo conto di aver delineato un quadro dove tutto sembra fin troppo perfetto, vi assicuro che la realtà non è stata poi così distante dalla perfezione.
Non vado oltre perché so che il discorso di oggi potrebbe essere eccessivamente stucchevole per alcuni di voi, ma ne ho sentito un bisogno che sarebbe stato sbagliato sopprimere. Non sarei mai riuscito a dire queste cose direttamente a loro e per questo ringrazio voi tutti, lettori, che siete stati il mio mezzo per parlare ai miei cari nonni in un periodo che ci costringe alla distanza fisica. In ultimo vorrei rivolgermi direttamente a loro e chiedere scusa, perché spesso smetto di essere la persona per cui loro si sono impegnati così tanto: il mondo è molto più complesso senza il vostro costante supporto.