Vannacci? Non è lui il punto | UDaily
Un giorno come un altro in cui la democrazia mostra tutta la sua inconsistenza
Avevo già deciso di non parlare del caso Vannacci, il generale che con il suo incazzatissimo libro presiede le prime pagine di tutti i quotidiani da una settimana a questa parte. Non mi interessa usare questo spazio per riportare notizie, come nemmeno mi interessa esprimere opinioni sulle notizie quando la mia idea non differisce da quelle che sono già emerse nel dibattito. Se ne parlo è perché la vicenda ha raggiunto un angolo da cui ho potuto scorgere qualcosa in più.
Ho bisogno quindi di una frettolosa ricapitolazione dei fatti per coinvolgere chi (beato) ignora totalmente l’accaduto: un generale dell’esercito scrive e pubblica a sue spese un libro dove rivendica il diritto di odiare le minoranze che gli stanno antipatiche; la polizia del politicamente corretto gli spiega che non può dire certe cose; il Ministro della difesa Crosetto e la stessa Meloni condannano il generale e lo destituiscono del suo ruolo, nonostante Fratelli d’Italia abbia fatto campagna elettorale con idee non così distanti da quelle espresse nel libro incriminato; Salvini (chi se non lui, cari lettori) sceglie di supportare pubblicamente il generale, in contrasto ai suoi alleati di maggioranza; molti immaginano legittimamente che la vecchia volpe abbia approfittato della situazione per elemosinare consensi tra i numerosi elettori di Fratelli d’Italia, mentre la Meloni resta a guardare con le mani legate dal ruolo istituzionale che le impone di condannare il libro.
E se tutto questo era già chiaro ai più, ecco gli interrogativi che questa vicenda ha fatto sorgere in me: che significato assume la scelta democratica se basiamo principalmente il nostro consenso su idee e visioni del mondo che non si possono difendere una volta al governo? Cosa rimane della politica se si combatte decenni in nome dei propri ideali e, una volta eletti, si seguono le istruzioni del foglietto illustrativo? L’alternanza secondo cui ciclicamente l’opposizione diventa maggioranza ha senso nell’ottica in cui solo l’opposizione può dire e fare quello che vuole? Quanto è semplice cadere nell’immobilismo? La tecnocrazia è una soluzione? Quanto differisce realmente un governo al posto dell’altro? Gli elettori hanno la minima idea di cosa significhi votare quel partito specifico? Ma infine e soprattutto, quanto è ingenuo Matteo Salvini per non aver ancora capito che in questo stupido gioco della politica lui non sarà mai più protagonista?